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Foto di Matteo Angelini

Diritti Francesco Mazzanti Giovedì 22 febbraio 2018

La lotta contro la violenza di genere

Il progetto Uisp “Riconoscersi e relazionarsi nella differenza”, finanziato dalla Regione Emilia-Romagna, per conoscere e prevenire le violenze di genere.

Nella case, per strada, negli ambienti lavorativi e anche nei luoghi di sport: la violenza di genere in Italia, con tutta la sua attualità, si manifesta ovunque. Anche l’Emilia-Romagna è toccata da questo virus: in tutto il 2016  sono state 3.433 le donne che si sono rivolte a uno dei tredici centri antiviolenza della regione. Secondo il rapporto annuale del Coordinamento dei centri, tra i principali bisogni espressi dalle donne accolte ci sono richieste di informazioni, di assistenza legale e di consigli e strategie. “Riconoscersi e relazionarsi nella differenza”, il progetto Uisp finanziato dalla Regione Emilia-Romagna tramite la legge n. 6 che si è svolto nel 2017 tra Forlì-Cesena, Ferrara e Reggio Emilia, va proprio in questa direzione. I differenti programmi dei comitati hanno visto alternarsi dei momenti teorici di informazione e riflessione a laboratori pratici, in cui i partecipanti venivano stimolati a una migliore conoscenza del proprio corpo grazie alle attività motorie.

Il contrasto alla violenza di genere ha recentemente assunto un ruolo primario nel dibattito mediatico e politico. Le campagne social #MeToo e #QuellaVoltaChe hanno permesso a donne vittime di violenze di denunciare pubblicamente scuotendo molti ambiti della società, tra cui il teatro. A Firenze, al Teatro del Maggio, è andata in scena il 7 gennaio la prima della Carmen, l’opéra-comique di Bizet. Il classico finale (la protagonista zingara accoltellata per gelosia da Don José) viene ribaltato: la Carmen del regista Leo Muscato si ribella ed è lei a sparare. «Con questa lettura vogliamo ribadire che non bisogna accettare passivamente una violenza da parte di un uomo», ha affermato il regista rispondendo alle numerose polemiche (oltre ai fischi in sala) che hanno seguito la rappresentazione. Per altri invece è proprio lo scandalo che suscita la morte di Carmen a inquietare lo spettatore e a far riflettere. Modificare il finale di un’opera storica per inserirsi nella contemporaneità: giusto o sbagliato, il dibattito, dai toni spesso assurdi, è ancora aperto.

A Forlì il progetto è iniziato il 5 aprile 2017: una tavola rotonda composta da giornaliste, allenatrici e consiglieri comunali che ha ricevuto il sostegno dell’Assessorato alle pari opportunità di Forlì. Un pomeriggio di discussioni in cui si è riflettuto sui possibili modi per valorizzare la differenza di genere e sulla consapevolezza del valore della propria identità. «Abbiamo cercato – ha affermato Rita Scalambra, presidente Uisp Forlì-Cesena – di fornire strumenti teorici e informativi utili alle persone». Conoscenza della legislazione e dei servizi a disposizione, dunque, ma anche ottimizzazione delle reazioni spontanee e preparazione di piani di difesa personale. La parte pratica, in questo caso, si è svolta al Kodokan Cesena dove alcuni esperti hanno formato i/le partecipanti (c’erano anche degli uomini) a una gestione corretta delle possibili situazioni di pericolo.

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Nella sede di Ferrara il progetto si è concluso invece il 13 dicembre. Otto incontri di cui tre teorici e cinque pratici. Prima del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, un dibattito nel sala del consorzio Wunderkammer ha posto il problema della disparità di genere nel mondo dello sport, cercando di mettere in luce gli enti che offrono servizi in caso di violenze o aggressioni subite. Il laboratorio pratico, invece, è stato seguito dal maestro di ju jitsu Valerio Conti nella sala bianca del Teatro Off. «Non un corso classico di autodifesa – ha dichiarato Giulia Bonora, organizzatrice del corso – ma una serie di esercizi e attività fisiche su come utilizzare al meglio il proprio corpo per prevenire o eliminare i fattori di rischio».

Basta dare un’occhiata, a titolo d’esempio, al sito del Coni e alle persone che compongono il Consiglio nazionale. Dai membri di diritto (i presidenti delle Federazioni) ai membri del Cio. Le donne sono poche, una percentuale bassissima. Oppure si pensi al fatto che le donne non sono ancora considerate professioniste. La legge n. 91 del 1981 che regola ancora i contratti tra le società e gli sportivi professionisti rende di fatto inaccessibile il professionismo alle donne. E ciò significa nessuna tutela assicurativa e previdenziale, nessun contratto collettivo e tanti saluti al Tfr. Anche ai tempi del fascismo il calcio femminile era un problema serio, al punto che “Il Littoriale”, quotidiano sportivo del tempo, nel 1933 riportò il divieto del regime di esibizioni pubbliche di calcio femminile perché non considerato utile «all’integrazione morale e fisica delle migliori qualità muliebri». Anche di copertura mediatica degli sport femminili parla la Carta dei diritti delle donne nello sport, frutto del progetto europeo Uisp Olympia, presentata a Bruxelles nel maggio del 2011. Una delle proposte? Evitare l’attenzione su apparenza e femminilità per concentrarsi sulle prestazioni sportive.

Per quanto riguarda Reggio Emilia, invece, il progetto ha avuto una diffusione provinciale e sono stati coinvolti i comuni di Boretto, Guastalla, Gualtieri e Cavriago, con la preziosa collaborazione dell’associazione Nondasola, una onlus per la difesa e il sostegno alle vittime di violenze, attiva in città dal 1995. Un ciclo di sette incontri da un’ora ciascuno dedicato a Jessica Filianti, diciassettenne uccisa dal suo fidanzato a Reggio Emilia nel 1996. Anche in questo caso, le attività in palestra si sono differenziate dalla “classica” difesa personale. Tre associazioni sportive (Dojo Sdk, Arti d’Oriente e Kyoto Center) hanno impostato i corsi proponendo strumenti per la comprensione delle situazioni di pericolo e delle possibili reazioni, fisiche ed emotive, che potrebbero scatenarsi in caso di aggressioni.

 

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Francesco Mazzanti
Dopo la laurea internazionale in Culture letterarie europee studia al Master di Giornalismo dell’Università di Bologna. Nel 2018, insieme a Enrico Mariani, ha pubblicato per Pequod il libro Sulla schiena del drago, reportage in Vespa dalle terre del centro Italia colpite dal terremoto del 2016. Nella rete delle polisportive popolari, opera nel settore dell’accoglienza dei migranti, in particolare come allenatore di calcio.




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